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🌿 Il giardino, la menta e i gestionali

  • Immagine del redattore: Filippo Busca
    Filippo Busca
  • 1 nov
  • Tempo di lettura: 3 min

A casa ho un piccolo giardino di 50 mq. Non è tanto, ma visto che la casa ne misura in tutto 46, capirete bene che per noi è veramente oro. Tra l'altro abbiamo un cane e un gatto. Abbiamo molte piante e, ad ottobre e marzo, chiamiamo un nostro amico giardiniere in pensione che ce le riassetta in preparazione dell’autunno e dell’estate.


Lo confesso: adoro quel giardino, ma non si può dire che io abbia il pollice verde — né per le piante, né tanto meno per il prato. In queste cose sono abbastanza pigro, per fortuna ci pensa Francesca. Sì, sono pigro, ma quando vedo che è tutto bello e sistemato… mi piace eccome. Perché, nella mia pigrizia, sono pure un precisino (.....eh sì, i difetti li ho proprio tutti).


Tempo fa, per giunta, avevamo creato una piccola zona, con tanto di recinto, dedicata alle spezie: rosmarino, erba cipollina, erba pepe, menta. Un vero delirio. Se ne andavano dappertutto — altro che recinto! Non vi dico la menta: ha colonizzato mezza aiuola come se volesse reclamare la sovranità del giardino.


E così, a ogni stagione, il nostro amico giardiniere arriva, guarda la situazione e sospira. Poi, con calma, taglia, pota, sposta, ripianta. E a me tocca ammettere che, sì, avevo lasciato andare le cose un po’ troppo.


Ecco, mi capita spesso di pensare che i sistemi aziendali funzionano allo stesso modo. Un po’ come il giardino, nascono belli, ordinati, curati. Tutto è al suo posto: i processi ben definiti, i dati puliti, le procedure chiare. Poi, piano piano, si cresce, ci si adatta, si aggiungono nuove “piante”.... un modulo qui, un foglio Excel lì, un software dipartimentale per risolvere un’urgenza…


E dopo un po’ non si capisce più dove finisca il prato e dove cominci la menta. Il risultato? Un ecosistema che funziona, sì, ma che richiede sempre più manutenzione, dove ogni piccolo cambiamento rischia di far saltare gli equilibri.


La tecnologia, se non viene potata e riallineata periodicamente, diventa ingovernabile. Si accumulano eccezioni, automatismi “temporanei”, personalizzazioni fatte in emergenza. E come nel giardino, anche lì serve ogni tanto qualcuno con lo sguardo esterno, il “giardiniere digitale”, che rimetta ordine.


Un ERP o un progetto di digitalizzazione non si pianta una volta sola. Va curato, seguito, adattato alle stagioni del business.

Perché quello che funzionava perfettamente cinque anni fa, oggi potrebbe essere diventato come la mia menta: invadente, difficile da contenere, capace di soffocare tutto il resto.


Ciò che fa la differenza, nel giardino come in azienda, non è l’impianto iniziale, ma la costanza nella manutenzione. Un controllo periodico, un’analisi dei processi, un piccolo intervento di ottimizzazione: sono queste le potature che fanno respirare i sistemi. Non serve stravolgere tutto ogni volta: a volte bastano interventi mirati, una potatura intelligente, per far rifiorire quello che c’è già.


Alla fine, la tecnologia, proprio come il verde, non è mai “a posto una volta per tutte”. Cresce, cambia, si adatta. E se non la si accompagna, finisce per prendere lei il controllo del giardino.


Ecco perché, ogni tanto, serve fermarsi a guardare il proprio “prato digitale” e chiedersi:🪴 Cosa sto davvero coltivando? Ho ancora un sistema che mi serve, o ormai sto solo tagliando l’erba intorno alla menta?


Con questo concludo e #restoinascolto.


 
 
 

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