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“Processi perfetti, prodotto sbagliato”: quando la tecnologia non basta

  • Immagine del redattore: Filippo Busca
    Filippo Busca
  • 11 nov
  • Tempo di lettura: 2 min

Da qualche settimana, nella mia città ha aperto un nuovo punto vendita di una nota catena il cui menù ruota attorno a un solo protagonista: il pollo fritto. Sono curioso (e un po’ goloso), quindi decido di provarla.

È domenica e il locale è strapieno. Faccio il mio ordine/pagamento utilizzando gli ormai consueti totem. Di casse ce n’è una sola e poco presidiata. Risultato: totem 4, cassa fisica 1.


Piccola parentesi: ho letto tempo fa che il passaggio ai totem non serve solo ad “accelerare”, ma soprattutto a standardizzare l’up-selling; la macchina non si dimentica mai di proporti il menù grande, la bibita, il dolcetto.


Numero in mano (il 169), mi metto ad aspettare. Tanta gente prima di me: perfetto per osservare. L’occhio mi cade su una grande cartografia sul muro che racconta il lungo viaggio del brand: “dal profondo Sud degli USA fino a qui”. E penso: che paradosso… tutti in fila per una specialità americana, in Italia. Tranquilli: non faccio il patriota da bar — anch’io ogni tanto mangio in catene simili — ma, gusto personale, altre due famose catene “da panino” (una con la M, una con la B) offrono un’esperienza e una qualità migliori, per la loro categoria.


Detto questo: i processi qui sono impeccabili. Back-office organizzato, personale sincronizzato, comande che scorrono su schermi, tempi cronometrati, flussi disegnati al millimetro. Digitalizzazione al massimo. Una macchina perfetta.

Poi arriva il vassoio… e il morso conferma il sospetto: tutto liscio tranne l’essenziale — il prodotto non è granché.


Ed eccoci al punto. Sul mio sito parlo spesso di organizzazione, processi ed ERP. Ripeto (giustamente) quanto serva innovare, integrare, misurare. Forse ricorderete anche un mio articolo di qualche tempo fa, in cui vi raccontavo il punto di vista di un imprenditore innamorato del suo prodotto, ma anche consapevole che per competere serve lavorare su processi e tecnologia.


Oggi, però, voglio capovolgere la prospettiva. Processi e tecnologia sono moltiplicatori, non sostituti della qualità. Se il prodotto è mediocre, la digitalizzazione lo renderà mediocre in modo più efficiente. Senza un prodotto all’altezza, tempo e costanza diventano “routine ben organizzata”, non vantaggio competitivo.


Immagina tre scenari:

  1. Prodotto ottimo + processi scadenti. Il cliente ti perdona una volta, due… poi passa oltre. L’inefficienza rovina la qualità.

  2. Prodotto mediocre + processi eccellenti. Consegni puntuale, rispondi veloce, tracci tutto… ma quell’“wow” non arriva mai. La relazione non decolla.

  3. Prodotto ottimo + processi eccellenti + tecnologia adeguata. È qui che il brand cresce, fidelizza, scala. È qui che “l’Italia che sa fare” diventa anche “l’Italia che sa organizzare”.


Cosa fare, domattina

  1. Allinea processi e promesse al mercato. Se dici “fresco” / “rapido” / “su misura”, fai sì che supply chain, CRM ed ERP supportino davvero quella promessa.

  2. Digitalizza dove serve davvero. Io amo la tecnologia, ma usala dove amplifica la qualità percepita: tempi di risposta, tracciabilità, coerenza del servizio, personalizzazione vera.


Oggi chiudo con una constatazione, non con una domanda: la qualità media dei prodotti italiani è spesso eccellente. Se la sosteniamo con processi solidi, dati affidabili e cultura dell’innovazione, saremo, davvero, difficili da fermare.


Con questo concludo e #restoinascolto


 
 
 

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